|  | |||
| ALBERGO STORIONE         Albergo Storione, un gioiello che la città di  Padova ha lasciato distruggere. Nella fotografia di Gislon si osservano gli  affreschi di Cesare Laurenti che ornavano la sala da pranzo e la taverna,  fanciulle danzanti svolgevano festoni di fiori sotto un pergolato di melograni;  mentre, nella saletta, Nereidi e Tritoni inseguivano uno storione. Erano i  tempi in cui il prelibato pesce si poteva ancora pescare nel Po, legittimando  l’insegna dell’albergo. Gli affreschi conobbero una singolare  fortuna: infatti, dopo Caporetto, quando il Comando supremo ripiegò a Padova,  in queste sale trascorsero, per mesi, le lunghe serate, tra D’Annunzio e  Ojetti, Barzini e Simoni, alti ufficiali e capi missione stranieri, gli ospiti  più illustri della città. Anche lo scrittore Guido Piovene lo cita nel suo  libro “Viaggio in Italia” e raccontando della cena dei macellai di Padova,  scrive: “Giungo a Padova la sera tardi, il giorno dell’Immacolata, prendo  possesso della camera allo Storione, e scendo per pranzare. La sala maggiore  del ristorante è occupata da un grande pranzo di macellai. Siedo nella sala  accanto ma, più che mangiare, sbircio attraverso una tenda. Centinaia di  macellai, come ne ho visti solamente a Chicago, intorno a molti preti e frati;  il padre rettore del santo, calvo, grasso, occhialuto, seduto a capotavola, è  fatto segno a riguardi reverenziali. I macellai di Padova detengono un  privilegio; portano in processione per l’Immacolata il mento e la lingua di  sant’ Antonio; la sera, si uniscono a tavola. Fu un pranzo padovano, con  pasticcio di maccheroni, bolliti e faraona arrosto; si pronunciavano discorsi  faceti in un dialetto, il ruzzantino, incomprensibile anche ai veneti“. Nel  1962 in occasione della demolizione dello stabile, da parte della Banca Antoniana,  il ciclo di affreschi fu staccato e i circa 300 pezzi vennero depositati nei  magazzini del Liviano. Lo stacco eseguito non correttamente, ma anche la  tecnica sperimentale adottata da Laurenti, ne aveva danneggiato una larga parte  e nel 1966 l’Università decise di restituire i frammenti alla Banca Antoniana.  Vennero selezionati solo quelli in miglior stato di conservazione, trenta  furono donati al museo, restaurati e montati su pannelli di legno, mentre tre  teste femminili rimasero presso l’Istituto bancario. Fu un vero delitto  abbatterlo. 
 | |||